I segreti dell'agente di tennis: "Così andiamo a caccia del numero uno del futuro"

Girovagando tra i campi del Foro Italico e osservando in lontananza l’inaccessibile players lounge, ci viene in mente di raccontare gli Internazionali d’Italia attraverso gli occhi di chi sta a contatto diretto con i tennisti del circuito mondiale. L’agente, cioè colui che cura gli interessi dell’atleta e lo assiste in tutti gli aspetti. Ci fa da Cicerone un italiano che ha iniziato giovanissimo ad esercitare questa professione e che assiste, tra gli altri, Francesco Passaro, protagonista di un'impresa contro il n.15 Atp Dimitrov: Luca Cozzi, 28 anni da Parabiago (provincia di Milano), da 4 anni alle dipendenze del colosso americano Octagon. Come si comincia a fare l’agente di tennis? C’è un albo? “No, nessun albo. Questo, da un lato, consente a tutti di sognare, ma dall’altro può creare problemi in uno sport individuale in cui l’atleta, soprattutto quando è giovane, ha bisogno di una guida che abbia un minimo di esperienza e competenza. Io ho giocato a tennis a livello agonistico fino a 18-19, sapevo che non avrei fatto il professionista ma volevo lavorare nel mondo del tennis. Ho studiato economia e frequentato l’Upf School of Management di Barcellona. Per entrare in questo mondo, mi sono offerto ad alcuni circoli in Italia per aiutarli a trovare giocatori per i campionati a squadre. Poi ho iniziato a lavorare negli eventi, nei tornei, come il challenger di Milano e il Wta 250 di Courmayeur. In queste occasioni ho accumulato esperienza e allargato la rete di relazioni tra giocatori, federazioni, dirigenti Atp e Wta. È molto importante essere conosciuti per avere una certa credibilità. Il mio nome ha cominciato a circolare nell’ambiente finché non si è aperta l’opportunità di entrare in agenzia”. Quanti giocatori rappresenta? “Sei. Tra questi, Francesco Passaro, che quest’anno è entrato nella top 100, e la colombiana Camila Osorio, che ha raggiunto il n.33 Wta. Il più giovane ha 15 anni, è olandese e si chiama Stan Put. L’ho preso a 12 anni e mezzo”. Perché ha scelto proprio lui? “Parte del mio lavoro è andare nei tornei alla ricerca dei futuri numeri 1. Noi di Octagon cerchiamo di coprire i più importanti tornei giovanili per area, io mi concentro sull’Europa. Due anni fa andai ai campionati europei under 14 in Repubblica Ceca, Stan era uno dei pochissimi ad avere un anno in meno. E a quell’età un anno fa la differenza. Giocava bene, aveva buone potenzialità fisiche, soprattutto mi sembra molto calmo in campo e spinto da forza di volontà. Tutti giocano bene, devi valutare altri aspetti. Ho conosciuto l’allenatore, poi la famiglia. Il ragazzo era stato avvicinato da altri agenti, scelsero me anche perché rappresentavo un altro olandese, Van Rijthoven, un titolo Atp e ottavi a Wimbledon”. Da dove arrivano i guadagni dell’agente? “Principalmente dalla sfera commerciale, che è il motivo principale per cui un atleta scegliere di avere un agente. Un contratto di rappresentazione prevede clausole che riconoscono all’agente, attraverso l’intermediazione dell’agenzia o direttamente se si lavora in proprio, una percentuale degli introiti dei contratti di sponsorizzazione e pubblicità. Quindi, più forte e performante è l’atleta, più si guadagna”. Cosa fa l’agente dei tennisti, in pratica? “Diamo supporto e aiuto in ogni ambito della carriera. La parte commerciale è quella principale. Vado io a trattare direttamente con i potenziali sponsor, poi gli accordi vengono finalizzato con il supporto di avvocati e commercialisti. Poi ci sono le relazioni con i vari stakeholder tra cui i media, la logistica. Nel caso dei professionisti, gestiamo noi le agende dei giocatori, in modo da avere tutto sotto controllo, non solo il tennis giocato. Spostamenti, trasporti, alloggi. Chiaramente con persone che mi aiutano. Ma le cose da fare non sono sempre uguali. Con i giovani, per esempio, è differente”. In che senso? “Può capitare che si crei un conflitto tra l’allenatore, che magari non ha tanta esperienza, e la famiglia, che vuole vedere il ragazzo o la ragazza al massimo del suo potenziale. In queste situazioni, essendo il mio interesse perfettamente allineato a quello della famiglia, sono la persona giusta per costruire il team tecnico in ottica futura. Il mio ruolo, quindi, diventa più ampio”. Qual è la sua giornata tipo qui agli Internazionali? “Mi sveglio e mi metto subito a lavorare al pc organizzando le prossime settimane, magari ordinando abbigliamento o racchette per chi ne ha bisogno, parlando con qualche allenatore in giro per il mondo. Poi vengo al Foro. Si fanno tante cose diverse. Stamattina una mia giocatrice doveva realizzare un’intervista per uno sponsor che mi ha chiesto di poter filmare l’allenamento: ho dovuto chiedere il permesso alla Wta per una questione di diritti. Durante i tornei, una buona parte del tempo è occupata dagli incontri. Riunioni con i tecnici della Federazione o con Atp e Wta per capire come si muovono i tour nei prossimi anni, oppure briefing interni, o ancora un caffè con i rappresentanti di marche”. Deve assecondare anche le richieste più assurde dei suoi atleti? “Alla fine, sono la figura preposta ad aiutarli in ciò che serve per togliere tutto il peso organizzativo. Magari è necessario portare le racchette a essere incordare, oppure procurare biglietti per gli amici. Di solito queste richieste arrivano a cena, quando stiamo assieme, ci si conosce meglio e si parla anche di altro”. Lei è under 30. L’età è un vantaggio o uno svantaggio nella sua professione? “Sono convinto di poter rappresentare già ora il numero 1 del mondo, ma agli occhi degli altri potrei non sembrare abbastanza pronto per via dell’età. E quindi ho bisogno di macinare più anni sul circuito. Il vantaggio è che riesco a instaurare relazioni amichevoli con i miei giocatori, c’è maggiore sintonia. È importante che ci sia fiducia reciproca perché devo poter entrare in un ambiente ristretto di persone che si conoscono da molto più tempo”. Qual è l’approccio giusto nella gestione dell’immagine? “L’atleta non deve diventare un pagliaccio, deve rimanere quello che è. Questa è la parte più delicata del nostro lavoro: cercare di massimizzare l’immagine dell’atleta senza stravolgerla. È più facile ottenere buoni accordi per quegli atleti che provengono da paesi dove il tennis è popolare o dove l’economia è ricca. Rappresentare il numero 1 del mondo che è americano è molto diverso, a livello commerciale, dal rappresentare il numero 1 che è serbo”. E per i giovani? “Le aziende che investono in prospettiva nei giovani tennisti, parlo principalmente di marchi di abbigliamento sportivo, valutano quasi esclusivamente l’aspetto tecnico. Questo vale, questo non vale. E fanno scommesse. A volte questi contratti sono molto più remunerativi rispetto a quelli di un atleta di 27-28 anni che è già nella top 100. Questo perché gli sponsor sono disposti a pagare un upgrade nella speranza di aver individuato il numero 1 del futuro che negli anni successivi li ripaghi dell’investimento”. Il boom del tennis italiano si nota anche dall’interesse commerciale. “Sì, in Italia c’è voglia di investire, e ci sono tanti giocatori ben posizionati nel ranking. La prima scelta è Sinner, poi Musetti e Berrettini, poi ci sono gli altri”. Tra questi il suo Passaro, 24 anni, finalista Next Gen nel 2022, tormentato dagli infortuni, finalmente nella top 100 dopo gli Australian Open di gennaio. E di nuovo protagonista qui al Foro. “Francesco ha una storia molto interessante e tiene a valori che solitamente non appartengono a questo mondo. L’allenatore, per esempio, è lo stesso di quando cominciò a 6 anni. Lo sponsor tecnico è Ellesse, che è di Perugia come lui. Tutto questo le aziende lo riconoscono, pur non essendo ancora entrato nei top 20”. Questo articolo è tratto da Sport&Business, newsletter G+ a cura di Marco Iaria, in uscita ogni sabato. Per iscriversi e per informazioni sulle altre newsletter di Gazzetta clicca qui

I segreti dell'agente di tennis: "Così andiamo a caccia del numero uno del futuro"

Al Foro Italico abbiamo incontrato Cozzi, il manager di Passaro: "In giro per i tornei giovanili per pescare talenti già a 12 anni. Tanti si improvvisano. Francesco? La sua storia piace agli sponsor"

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