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Circoli antichi, Giochi del '60 e il successo del 2012: Napoli è pronta per l'America's Cup 2027

La città unisce il fascino del luogo, la tradizione e la passione popolare: tra i motivi che hanno convinto il defender neozelandese a designarla come sede dell'evento che si svolgerà tra due anni lo splendore di 13 anni fa

Maurizio Bertera

Nel nostro Paese non mancano le città legate alla vela. In realtà quelle con il maggior numero di praticanti e regatanti (spesso di livello) sono Milano e Roma, forse proprio per la voglia di mare. Tra quelle sull’acqua, se Trieste ha un bacino notevole con talenti a ripetizione e Genova resta la "casa" storica della vela italiana per lo Yacht Club Italiano (fondato nel 1879) e la sede della Federazione, Napoli unisce il fascino del luogo, una tradizione notevole e una passione popolare: non è un mistero che tra i motivi che hanno convinto il defender neozelandese a designarla per la prossima America’s Cup, nel 2027, è stato il successo clamoroso delle regate preliminari dell’edizione 2012 quanto migliaia di persone seguirono le barche dal lungomare. Del resto, Napoli ha una storia importante sull’acqua, fatta di club che hanno coltivato (e continuano a farlo) vela e canottaggio con la stessa visione. Lo si intuisce dal nome del più antico, il Circolo Remo e Vela Italia, nato nel 1889, che ha la sede in Banchina Santa Lucia a Castell dell’Ovo, pochi metri vicino al Reale Yacht Club Canottieri Savoia, fondato nel 1893 e rimasto legato alla dinastia sabauda anche dopo l’esilio dei regnanti In totale sono una decina i circoli nella città partenopea, che organizzano regate di ogni tipo e per ogni categoria. La più famosa è la Regata dei Tre Golfi, che quest’anno ha festeggiato la 70° edizione, a tempo di record. 

le olimpiadi

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La prima fama di Napoli come luogo ideale per grandi regate si deve alle prove dell’Olimpiade 1960, quella di Roma. Mai l’Italia aveva ospitato l’evento dei cinque cerchi e tantomeno una competizione velica di questo livello: per tre anni, nel quadro dell’operazione ‘Sole Mio’, i circoli cittadini, la Marina Militare e la Capitaneria di Porto lavorarono in modo perfetto. Tanto da far prendere a modello Napoli come sede ideale per una competizione olimpica dall’allora Federazione Mondiale della Vela. Per l’occasione i tre porticcioli di Posillipo, Santa Lucia e Molosiglio furono ampliati e dragati, per accogliere le barche. Il Circolo Canottieri Napoli ospitò i 5.5 e le Star, il  "Savoia", i Dragoni, il Circolo Nautico Posillipo i Flying Dutchman e l’attiguo Sea Garden i Finn. Si disputarono sette prove dal 29 agosto al 7 settembre, con velisti di 46 Nazioni: primato assoluto per i Giochi, quattro anni prima a Melbourne erano solo 26. Fu l’Olimpiade del bronzo "napoletanissimo" nella classe Dragone grazie al team formato da Nino Cosentino, Antonio Ciciliano e Giulio Di Stefano. L’oro andò alla Grecia il cui timoniere era l’allora principe Costantino di Grecia, poi diventato re quattro anni dopo: fu un evento incredibile per il Paese che non vinceva una medaglia olimpica dal 1912. Per la cronaca, la sorella Sofia – futura regina di Spagna come consorte di Juan Carlos di Borbone – era la riserva dell’equipaggio. Fu anche l’Olimpiade del quarto oro consecutivo del danese Paul Elvstrom e del tramonto sportivo della leggenda Agostino Straulino, con il napoletano Carlo Rolandi a prua: “l’abile e suasivo prosseneta del vento” come lo definiva Gianni Brera non riuscì a vincere la terza medaglia consecutiva sulla Star, malgrado i tanti successi conquistati in passato su quel campo di regata. Il quarto posto lo convinse a dedicarsi, con successo, alle regate d’altura. 

l'america's cup

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C’è più di una storia anche nell’America’s Cup. Se Cino Ricci per le due campagne di Azzurra puntò su un blocco sostanzialmente di liguri e romagnoli e su Italia, impegnata nel 1987, il solo napoletano era Aldo Migliaccio (che non impedì il naufragio della sfida), Napoli si è presa una grande rivincita nelle edizioni a seguire. A partire da quella dove il Moro di Venezia arrivò alla finale contro America Cube, a San Diego nel 1992: a bordo della barca di Raul Gardini c’era il due volte oro olimpico del canottaggio Davide Tizzano. Poi venne il momento di Francesco De Angelis, protagonista di tre campagne con Luna Rossa: grande specialista di monotipi e classi d’altura (quattro titoli iridati con i vari Brava, armati dal napoletano doc Pasquale Landolfi, e un’Admiral’s Cup) diventa il timoniere della barca di Patrizio Bertelli. Ad Auckland, nel 2000, è il primo skipper non anglosassone a vincere la Louis Vuitton Cup, la regata degli sfidanti. Nelle edizioni 2003 e 2007, trovò fra gli avversari anche Mascalzone Latino, il consorzio fondato dal concittadino Vincenzo Onorato, uno dei grandi armatori italiani e super appassionato di vela, che scelse il Reale Yacht Club Canottieri Savoia per lanciare la sfida a Team New Zealand. Se al debutto di Auckland, Mascalzone Latino vinse una sola regata, a Valencia – dove per la cronaca si cimentò un altro armatore campano, Salvatore Sarno che fondò Team Shosholoza, in rappresentanza del Sudafrica – per tre punti mancò le semifinali. Ma regalò una bellissima uscita di scena: sull’ultimo lato della prova finale, issò uno spinnaker con la scritta: “Grazie Italia, Grazie Napoli”

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