È stata la prima giocatrice italiana a conquistare uno Slam, e l’ultima azzurra, uomini compresi, a piantare il tricolore sul Roland Garros, nel 2010. Francesca in questa chiacchierata parla di Jannik, Carlos, Jasmine e Musetti
Il 5 giugno 2010 rimarrà una data scolpita per sempre nel cuore dello sport italiano: Francesca Schiavone vince il Roland Garros battendo la Stosur. È la prima giocatrice italiana a conquistare uno Slam, e l’ultima azzurra, uomini compresi, a piantare il tricolore a Parigi: prima di lei c’erano riusciti solo Pietrangeli e Panatta. Brillante, geniale e imprevedibile in campo, anche adesso che da allenatrice e commentatrice sta dall’altra parte, non ha perso il tocco magico: i suoi giudizi sono sempre uno specchio privilegiato.

Francesca, cosa ha insegnato la finale di Roma a Sinner?
"Che Alcaraz è molto forte, ma le differenze sono minime anche sulla terra e Jannik può arrivare a colmarle già a Parigi".

Come?
"Sfruttando la prima settimana del torneo per far coincidere il lavoro in allenamento con le sensazioni della gara. I primi match gli devono servire per ritrovare l’equilibrio complessivo e la condizione atletica ideale, poi potrà pensare allo spagnolo".
Certo che Alcaraz contro Jannik abbandona gli arzigogoli e si affida a un tennis percentuale efficacissimo e non ha i soliti alti e bassi.
"Carlos farà sempre soffrire Jannik perché non gli dà ritmo. Ma al tempo stesso, pur a un livello altissimo, diventa più battibile. Per questo Jannik deve pensare prima a ritrovare tutti i suoi automatismi dopo tre mesi di stop e a quel punto avrà le armi per sfidarlo alla pari: percentuale di prime, accelerazioni da fondo, risposta al servizio".
Si può immaginare un vincitore diverso da loro a Parigi?
"Credo di no e Roma ce lo ha detto chiaramente".
Nessuna speranza dunque per Musetti?
"Lorenzo esprime un gioco fantastico, è molto maturato, sta finalmente conciliando il talento con l’etica del lavoro e mentalmente ha fatto un salto di qualità. Però le ultime due sfide con Alcaraz hanno dato indicazioni chiare".

Paolini, finalista un anno fa, arriva a Parigi sull’onda del successo di Roma.
"Mi stupisco di chi si stupisce dei suoi risultati: non si arriva per caso a essere 4 del mondo. Jasmine è una ragazza intelligente e con un gioco brillante, vincere a Roma le avrà sicuramente permesso di capire come vincere le partite più importanti, l’unico dettaglio mancato l’anno scorso".
Le piace questo tennis femminile con tante possibili vincitrici?
"Lo trovo molto elettrizzante. Certo, quando c’erano Graf o le sorelle Williams rimanevi incantata dalla loro personalità, ma adesso questa incertezza lo rende ugualmente affascinante".

Tornando a 15 anni fa, quando si rese conto davvero che poteva vincere il Roland Garros?
"Intanto, tutte le volte che venivo a Parigi, sapevo di poter fare bene perché era il torneo che sognavo da bambina e mi piaceva di più. Nel 2010, lo capii il venerdì mattina, il giorno prima della finale: in allenamento mi resi conto che stavo facendo tutte le cose giuste per vincere".
L’ha emozionata l’addio di Nadal?
"Commovente. È vero che il tennis è sempre sopravvissuto alle sue leggende, ma se oggi abbiamo due campioni ammirati come Sinner e Alcaraz lo dobbiamo anche all’esempio di uomini come Rafa".

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