Bravo e sottovalutato da sempre: perché Carlisle è il miglior coach dei playoff

Non viene mai citato, quando si parla dei migliori coach Nba in circolazione. Eppure Rick Carlisle è in giro da un quarto di secolo e soprattutto in questi playoff sta dimostrando tutto quello che vale. Se Indiana è ad una vittoria dalle sue prime Finals dal 2000 il merito è anche suo, che dopo aver pazientemente costruito e migliorato il gruppo che guidato da Tyrese Haliburton è diventato irresistibile, in questi playoff lo sta guidando come nessun altro dalla panchina, riuscendo sempre a trovare la mossa giusta, l’aggiustamento che serve nel momento perfetto per vincere la partita, per avere un vantaggio nella serie. E Indiana sta vincendo: in casa e fuori, dominando e rimontando, riuscendo praticamente sempre a fare quello che serve per avere successo. Coi canestri delle sue stelle, certo, ma anche seguendo il suo coach. I giorni migliori di una carriera da head coach che dura dal 2001 e che ha avuto finora il suo apice col titolo conquistato con Dallas nel 2011 (“La sua capacità di adattarsi e fare gli aggiustamenti necessari è una delle ragioni principali per cui abbiamo vinto” ha ricordato recentemente Jason Terry di quel titolo) sembravano alle spalle quando Carlisle ha lasciato i Mavs nel 2021, incapace per due anni di fila di andare oltre il primo turno playoff con una franchigia che stava scoprendo la grandezza di Luka Doncic. È ripartito da Indiana, che aveva già guidato dal 2003 al 2007, con una squadra da ricostruire, come la sua reputazione di ottimo allenatore. Ha compiuto entrambe le missioni, e ben prima di questa meravigliosa cavalcata arrivata ad un passo dalle FInals. Perché Carlisle sta mostrando non solo di non essere superato, ma di avere una capacità unica di costruire il gruppo. E soprattutto, sta mostrando di capire come nessun altro dei suoi colleghi in questi playoff quali sono gli aggiustamenti giusti, quando farli e come fare in modo che aiutino la squadra a vincere. La finale a Est con New York è l’esempio perfetto. Sì, è la serie in cui Haliburton si sta rivelando come fenomeno, quella in cui fare cose straordinarie è diventata “la sua cosa, quello che gli riesce meglio” come ha detto Carlisle. Ma quanto il coach sta facendo la differenza è sotto gli occhi di tutti. I Pacers usano sempre la stessa formazione, vero, il collaudato quintetto Haliburton-Nembhard-Nesmith-Siakam-Turner titolare in tutte le 14 partite di playoff giocate finora. Ma sotto la superficie di stabilità ci sono le mosse di un tecnico capace come pochi di adattarsi a quello che succede in campo, di vedere il gioco, capire cosa non funziona e trovare pescando dalla panchina la mossa giusta per cambiare le cose. “Quando si tratta di fare aggiustamenti e massimizzare il nostro potenziale noi seguiamo la sua guida - ha raccontato Haliburton -. L’intensità che ha in questi playoff per noi è diventata un punto di riferimento, qualcosa da seguire sempre. E anche in allenamento è quello che ci mostra l’energia necessaria per stare a questo livello”. Si affida all'improvvisazione, ma ha grande esperienza con giocatori diversi Quanto Carlisle stia facendo la differenza nella serie contro New York è nascosto solo dai numeri delle sue star. In ogni partita, però, Carlisle è riuscito a trovare quello che serviva per far rendere al meglio Indiana, sia che si trattasse di capire il perché di uno svantaggio che di reagire alle mosse dei Knicks. “Penso che la sua grande esperienza con giocatori diversi in questa lega gli permetta di adattarsi a quello che succede meglio degli altri - lo ha raccontato Myles Turner -. E penso sia fondamentale, soprattutto nei playoff, dove affrontando una squadra sola gli avversari ti hanno studiato e conosco a memoria come giochi, i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Devi affidarti più all’improvvisazione, e lui lo fa anche permettendoci di andare in campo e creare”. Non mi importa di ricevere attenzione, ma solo dei ragazzi Il successo di questi Pacers non è il riflesso di un fenomeno in campo, la conseguenza del talento dei singoli, ma il punto di arrivo di un lavoro che dura da anni, in cui Carlisle ha prima creato un gruppo con una sua personalità e una sua filosofia e poi ci ha lavorato sopra per migliorarlo, per aiutare tutti a salire di livello in un modo che fosse utile alla squadra. Queste finali di conference sono solo una tappa di un percorso, uno in cui il coach non è solo uno spettatore ma l’autista dell’autobus, il leader, quello che contribuisce al successo non con canestri e difesa ma trovando sempre la cosa giusta da fare. E mettendo sempre i suoi giocatori al primo posto. “Non mi importa di ricevere attenzione, mi importa solamente dei ragazzi nello spogliatoio, solo di loro” ha ricordato durante i playoff. I titoli li vincono i campioni e la difesa, ma anche la capacità di un allenatore di capire la sua squadra, di leggere la partita e la serie, di trovare sempre la mossa giusta per cambiare le cose in meglio. E nessuno in questa postseason ci sta riuscendo come Rick Carlisle, il miglior allenatore di questi playoff.

Bravo e sottovalutato da sempre: perché Carlisle è il miglior coach dei playoff

Indiana è a un passo dalle sue prime Finals dal 2000 per il talento di Tyrese Haliburton, ma anche per le intuizioni del suo tecnico. E poi: tutto sui Playoff e i vincitori dei premi di fine stagione

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