Il 27 maggio 1989 fu campione d'Italia per 20 minuti: una città legata visceralmente al basket, attorno alla rivalità tra due anime, Libertas e Pielle, raccontate in un documentario in cinque episodi in uscita dal 6 giugno su Prime Video

La prima gara-5 di finale scudetto del basket italiano. Decisa così, poi: la più contestata, con quel canestro di Andrea Forti da annullare, chiarirà poi la tecnologia ere geologiche dopo, e annullato perché arrivato a tempo scaduto. Ma per 20 minuti la Libertas è stata campione d’Italia, con tanto di invasione di campo: era oggi, 36 anni fa, il 27 maggio 1989, ed è stato il punto più alto di una città che vive il basket come nessun’altra, Livorno. Anche se sul dark side di quella luna quasi estiva c’era l’altra metà della città, la Pielle, che retrocedendo proprio in quei giorni salutò per sempre il massimo campionato. Detto del punto più alto, il più basso è arrivato a neanche cinque anni da allora, la radiazione nel 1994 della “Cosa” nata tre anni prima dalla fusione tra le due anime labroniche, acqua e olio: tanto più col senno di poi, lo svilimento di due identità e il boomerang che ha portato all’uscita dal grande basket. Sono serviti 20 anni, con in mezzo fiammate di un fuoco mai sopito capace con continuità seriale di portare 8000 persone al palasport per un derby di terza serie, per veder l’anno scorso la Libertas tornare in A2, dopo un sanguigno testa a testa lungo una stagione… proprio contro la Pielle.

LA SERIE
—Una storia da film. Anzi da serie, una docuserie. Si chiama “Livorno a due”, sottotitolo “Non è mai stata solo una partita”: è già stata proiettata nei cinema della città dei Quattro Mori, gustoso cineforum al sapore di Ponce da seimila biglietti staccati in tutto, ma è una storia che va oltre la Fortezza Vecchia e quella Nuova, la “Venezia” e la Terrazza Mascagni, va oltre anche il basket e lo sport. E dal 6 giugno sarà disponibile su Prime Video. Cinque puntate da 75 minuti ciascuna, frutto di 160 interviste e 10 mesi di riprese più 20 ore di materiale d’archivio d’annata, che sulla falsariga di The Last Dance si sviluppano su una doppia linea temporale: ogni episodio ripercorre in parallelo uno spaccato di storia del derby e un pezzo della stagione 2023-24 che la troupe ha seguito da vicino, con accesso dietro le quinte all’annata che più di tutte ha simboleggiato la rinascita. A tutt’oggi la Pielle (Pallacanestro Livorno) è in B1, mentre la Libertas si è appena salvata ai playout restando in A2.

IL REGISTA
—A tirare le fila del racconto è il regista Silvio Laccetti, un passato da giocatore di basket arrivato in C1, abruzzese come Stefano Blois, il giornalista con cui ha condiviso la scrittura della serie. “L’idea nasce dalla mia amicizia fraterna con un ex giocatore della Libertas, Antonello Ricci, che mi ha fatto conoscere questo mondo: una piazza incredibile, dopo Bologna non c’è un altro esempio di un dualismo così forte”, dice Laccetti. “Mi ha colpito tantissimo vedere che al di là della passione per il basket è il tessuto sociale della città che si divide in due, anche chi - come Cristiano Lucarelli che abbiamo sentito - segue magari il calcio ma non la pallacanestro si schiera, magari va al derby o comunque porta avanti la tradizione della famiglia. E mi ha colpito che è un derby sentito ma per niente violento: certo, gli sfottò ci sono, e sono la cosa più bella”.

CHE STORIA
—Già, perché nella docuserie c’è anche la scalata del Livorno di Lucarelli e Protti dalla Serie C alla Coppa Uefa, c’è la tragedia del Moby Prince, c’è il Don Bosco portato in alto da Luca Banchi e Massimo Faraoni che nel frattempo per una dozzina d’anni (cambio di nome compreso) ha riportato la città nei primi due campionati, e c’è la spiegazione di come il rapporto tra due società che fino a poco prima ancora collaboravano si sia trasformato in una rivalità viscerale: galeotto fu il “biscotto di Chieti”, partita del 1978 in cui se la Libertas avesse battuto gli abruzzesi la Pielle sarebbe salita in A2, ma i venti punti di vantaggio libertassino si squagliarono come neve al sole e con essi il salto di categoria piellino. Che salirono un anno dopo, e il successivo poi anche la Libertas, e da lì furono i ruggenti Anni ‘80. Gli anni di Fantozzi e De Raffaele, Carera e Tonut, contro Bonaccorsi e Dell’Agnello. E ancora di Jeelani e Restani o Alexis e Binion contro Rolle e Addison. O in panchina Alberto Bucci, Ezio Cardaioli, “Cacco” Benvenuti e Mauro Di Vincenzo.

LA RINASCITA
—Dal 1986 al 1989 sono state entrambe in A1, mandando in scena sul massimo palcoscenico 6 dei 64 derby di questa storia, contando anche quelli con le reincarnazioni ed emanazioni successive di entrambe le società. La Libertas in quanto tale, al di là dell’attività di base portata avanti dalla Liburnia, è rinata ufficialmente dopo 25 anni dalla chiusura, ripartendo nel 2019 dalla Serie C Silver di un’altra società livornese, la Invictus Meloria, mentre la Pielle è ripartita dalla Promozione due volte, nel 1991 e poi di nuovo nel 2000 dopo essere arrivata in B1. “Sono stato fortunato perché ho seguito dal vivo la rinascita - racconta Laccetti -. Sia dall’una che dall’altra parte, come raccontiamo nell’ultima puntata, ha giocato un ruolo importante che siano stati tifosi e appassionati a far ripartire tutto: l’associazione dei tifosi per la Libertas e Manolo Burgalassi con un gruppo di amici per la Pielle. Grazie dunque non a qualche imprenditore arrivato da fuori a riportare in alto le due squadre, ma a chi negli Anni ‘80 era in tribuna e in curva a vedere le partite”. Passione immortale.
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